Ambiente, flora e fauna del Parco Nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterone, Campigna
Non è possibile capire l’importanza e la bellezza delle foreste Casentinesi senza sapere la loro attraente storia naturale collegata con le vicende dell’Appennino settentrionale, una regione invasa ancor prima delle glaciazioni da grandi foreste formate da specie oggi sparite miste ad altre tuttora presenti, come l’agrifoglio e il tasso. Fasi climatiche diverse determinarono la mescolanza forestale attuale. In una prima fase temperata e umida si ebbe lo sviluppo dell’abete bianco, che fu poi obbligato a ritirarsi dall’arrivo di un clima più duro, più benevolo al faggio. Si modellò cosi il paesaggio forestale presente, che rimase quasi identico fino al medioevo.
Le grandi Foreste del parco
Le grandi foreste secolari di alberi bianchi e faggi sono l’ambiente più tipico e pregiato del Parco, quello che in maggior misura colpisce il visitatore e lo ammalia con il riecheggiare dei canti degli uccelli. Sopra gli 800 metri di quota, tuttavia, nelle grandi foreste monospecifiche o miste è sempre probabile imbattersi qua e là frassini montani, aceri montani, aceri ricci, saliconi e sorbi degli uccellatori, insieme a tassi e agrifogli, documentazione della più antica, preglaciale, vegetazione della zona. Tra i faggi e le altre latifogli che in primavera, con un concerto di colori molto spettacolari, si colorano del verde lieve delle foglie giovani e in autunno del giallo oro e del rosso, abbiamo abeti bianchi secolari faggi e, colossali e davvero sconcertanti, ma anche piccole fioriture che abbelliscono il sottobosco non appena si scioglie l’immancabile manto della neve invernale.
Anemoni, scille, gerani selvatici, dentarie, colorate orchidee e splendenti gigli si trovano dappertutto, cosi come ciuffi di leggere felci, mentre nelle radure più esponete al sole e negli ambienti rupicoli fioriscono splendide crochi, campanule, ranuncoli, veroniche e ventaglie, cui si uniscono, sui crinali più alti, il botton d’oro, l’anemone a fiore di narciso e la viola di Eugenia, minacciata dal troppo calpestio.
Sulle rocce sviluppano il senecio doronico e le sassifraghe, riproducete da due rarità: la saxifraga moschata, presente sul monte Falco, e la saxifraga latina, specie caratteristica dell’Appennino Tosco-Emiliano e delle Alpi Apuane.
Altri elementi di risalto della flora del parco sono il Ribes multiflorum, al suo limite settentrionale di estensione, il mirtillo rosso che sul monte Tufone trova il suo limite meridionale, Tozzia alpina. Alle quote inferiori le foreste si fanno meno imponenti e più fitte, quasi selvagge, concentrate di aceri campestri e opali, carpino nero e bianco, roverelle, cerri e sorbi ciavardelli. Dall’unione con castagni e ciliegi ereditari da antiche presenze umane, e, in zone delimitate, con tagli e roveri derivano composizioni originali a seconda delle qualità del terreno e della esposizione dei versanti.
La varietà della flora, che comprende più di 100 specie, delle quali oltre un centinaio rare o minacciate, è spaventoso e faticosamente riscontrabili in altre zone dell’Appennino. Ciò è causato dall’ubicazione geografica del parco, posto al crocevia tra l’Europa centrale e mediterranea, e alla sua tipica orografia: tali presupposti danno luogo a un clima particolarmente adeguato a una grande varietà floristica e allo sviluppo delle foreste, che occupano l’86 per cento del territorio e abbondano principalmente in toscana.
Gli animali che vivono tra le vette e le valli
Le foreste danno rifugio, cibo e tutela degli animali della zona, tanto che non meraviglia la prosperità della fauna locale. Questo vale tanto per mammiferi, uccelli, anfibi e rettili, quanto per gli invertebrati presenti con centinaia di specie. Per i soli lepidotteri ne sono state rilevate 650.
I mammiferi sono presenti con più di quaranta specie, tra cui molti piccoli predatori come la donnola, la marmotta, il tasso e la volpa oltre a specie importanti come l’istrice, ultimamente ripresentato nelle zone più calde e basse. Sono avvistabili anche cinque specie di ungulati: cervo, daino, capriolo, cinghiale, muflone. Il cervo, come documentato da rinvenimenti fossili, era presente nella zona sin dall’antichità, ma sparì, forse a causa della caccia. Reintrodotto per la prima volta nel 1840, la sua popolazione è oggi in forte crescita, tanto che gli incontri con questo stupendo animale sono tutt’altro che rari. Il daino ha seguito vicende simili ed è oggi numerose, mentre il capriolo, meno appariscente e più restio, non è mai sparito da queste foreste, anche la sua consistenza numerica ha subito grandi oscillazioni. Il cinghiale, la cui presenza in epoca remota è documentato da ritrovamenti fossili, sparì per secoli, sterminato dalla caccia e vi è tornato soltanto una ventina d’anni fa fino a essere oggi abbondante. Il muflone fu reintrodotto nelle foreste nel 1872, trasportato dalla Sardegna di cui è originario, per quella che fu forse la prima introduzione nell’Europa continentale, ma l’habitat poco adeguato non gli ha consentito di divenire numeroso.
Il gran numero di ungulati ha causato, in alcune annate, forti danni alle foreste, fino a che alla fine degli anni settanta è ricomparso nella zona il lupo, oggi presente con circa trenta esemplari, che ha iniziato a limitare il numero delle sue prede naturali, ma che, sebbene sia riparato dalla legge, è tuttora oggetto, fuori e dentro i confini del parco, di persecuzione con esche avvelenate. Un ruolo è stato svolto negli ultimi anni anche da alcune linci, stabilitesi dentro i confini del Parco forse a seguito di introduzioni clandestine.
I vertebrati più numerosi sono comunque gli uccelli, con più di 80 specie nidificanti, tra cui i due super-predatori alati: il gufo reale e l’aquila reale, con almeno due coppie nidificanti.
Tra i rami degli alberi più alti nidificano lodolai, poiane, falchi pecchiaioli e sparvieri, che catturano anche sui terreni aperti. Di notte entrano in azione gufi comuni, allocchi, civette e barbagianni, mentre sulle radure capita di osservare il volo basso e radente dell’albanella reale e dell’albanella minore. Gli uccelli delle foreste Appenniniche sono tutti ben rappresentati: dappertutto si vede volare la bella ghiandaia o si sente il richiamo tipico del picchio muratore. Sui tronchi si scoprono i segni lasciati dai picchi, s sui rami più alti degli alberi si posano cinciarelli, cince more e cince bigie. D’inverno e durante il passo giungono i migratori ed è allora possibile incontrare la beccaccia, i frosoni e i colombacci, il crociere, i sasselli, tordi bottacci e cesene.
Fiumi e paludi
Lungo i torrenti non è difficoltoso imbattersi il merlo acquaiolo, mentre attorno al lago di Ridracoli è ricca la fauna acquatica, con molte specie caratteristiche degli ambienti umidi: uccelli, ma anche rettili, come la biscia dal collare, e anfibi. Questi ultimi sono assidui nelle zone paludose lungo i torrenti, al quale si uniscono il rospo smeraldino, il rospo comune, l’ululone del ventre giallo, la sala mandrina dagli occhiali, la salamandra pezzata e il tritone crestato. Tra le specie più rappresentative dei rettili ci sono la vipera, lucertola muraiola, ramarro, colubro liscio e orbettino. La fauna e principalmente la flora del Parco, anche se già ben analizzate, presentano ancora sorprese, come provano le recenti scoperte di un nuovo tipo di orchidea.