Itinerari religiosi (conventi, abbazie, eremi) nel Parco Nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterone, Campigna
Camaldoli, il Sacro Eremo e La Verna sono i luoghi più visitate dai turisti nel Parco. La loro storia religiosa e la bellezza, assai integrata con quella dei luoghi che li attorniano, li rendono bellissimi e mistici, in grado di percuotere nel profondo tanto il fedele, quanto il visitatore più difficile.
Camaldoli e il Sacro Eremo
Camaldoli è formato da un grande monastero e da un piccolo eremo, lontano solo 2,5 km. Fu il luogo originario dell’ordine dei Camaldolesi. Fondato nel 1012 da San Romualdo fu riedificato nel XIII secolo. È una realizzazione compatta di forma irregolare, formata dal monastero, dalla foresteria e dalla chiesa. Le parti più pregiate del monastero sono: le finestre della biblioteca, del XIII e XIV secolo; gli armadi incisi e i vasi di ceramica dell’affascinante farmacia del 1543; le tavole del Vasari , conservate nella chiesa barocca del XVIII secolo; il bel chiostro del 1543, e la tela del Pomarancio che decora la parete di fondo del refettorio del Monastero, del 1606.
L’eremo è in un luogo molto affascinante, con la sua chiesa dalla facciata del settecento chiusa tra due campanili. Nell’interno, ornato da stucchi dorati, due tabernacoli di marmo assegnati a Gino da Settignano (1531), fissò nel XV secolo, una cattedrale lignea del 1669 raffinatamente scolpita e una bella terracotta di Andrea della Robbia nella cappella di Sant’Antonio. Oltre la chiesa sono disposte 20 celle abitate dagli eremiti, costruite tra l’XI e il XVII secolo, in questo luogo non sono consentite le donne.
La Verna
La Verna è la seconda cittadella dello spirito del Parco. È avvinghiata sulla rupe del monte Penna, offerto a san Francesco nel 1213, che l’anno dopo vi edificò alcune celle. Il santo qui prese, il 14 settembre del 1224, le stimmate. Da allora è uno dei più noti luoghi sacri francescani. Il complesso contiene il convento, che è un tutt’uno con la rupe, e si sviluppa per circa un ettaro accerchiato da affascinanti boschi secolari.
Ne fanno parte: la chiesetta di Santa Marta degli Angeli, del 1216, e la chiesa Maggiore, del XIV-XV secolo, il cui interno rinascimentale è formato da una sola navata, e la chiesa delle Stimmate del 1263, in tutte e tre si possono osservare differenti opere in terracotta di Andrea della Robbia. Da vedere inoltre: il convento, che si sviluppa intorno a cinque chiostri con refettori e biblioteca, la grotta che fu la cella di San Francesco con un letto in pietra, la rocca in rilievo del Sasso Spicco, sotto cui abitò il santo, la grotta di Frà Leone.
Badia Prataglia
I primi monaci arrivarono qui nel 989 su chiamata del vescovo di Arezzo. Al XII secolo risalgono i prime cenni della badia Prataglia, che nel 1157 fu sottomessa al priore di Camaldoli, anche se gli statuti camaldolesi furono accolti solo nel 1183. Nel 1360 la badia fu annientata dagli attacchi delle compagnie di ventura e, nel 1391, eliminata da Bonifacio IX.
San Benedetto in Alpe
Nacque alla convergenza tra i fossi dell’Acquacheta, Troncalosso e rio Destro, su un poggio dominante, intorno all’XI secolo, attorno a una arcaica chiesetta di cui rimane solo la cripta. A rappresentare il primo nucleo furono i tantii eremi che si erano appartati nelle vallate circostanti. San Ronualdo la vide nel 1004 e nel 1021, ma dovette ricorrere all’aiuto dell’imperatore Enrico II e di un beneficio del 1022 per ottenere che l’abbazia osservasse la regola di San Benedetto. L’abbazia, diventata a tutti gli effetti monastero, ebbe il suo più grande lustro nel XIII secolo.
San Godenzo
Collocata al centro dell’omonimo borgo, nel 1028 nacque nel luogo dove c’era una piccola chiesa del XI secolo.
La leggenda avvolgono troppo intimamente la storia per sapere con sicurezza se la sepoltura di San Godenzo (Gaudenzio) si trovasse già sul posto o il santo vi fosse traslato nel IX secolo. L’abbazia seguì da vicino le diverse vicende storiche: l’8 giugno 1308 accolse i Ghibellini e i Guelfi Bianchi espulsi da Firenze tra i quali il poeta Dante Alighieri. Lo ricorda un’epigrafe nella chiesa, che è uno dei più lodevoli esempi di architettura romantica in Toscana, sebbene oggi è molto diversa dagli ampliamenti del XII secolo. L’interno è a tre navate divise da archi sorretti da pilastri, con il abside rialzato e protetto da una balaustra marmorea, a cui si entra dalle navate laterali con due scaloni.
La cripta, con colonne corredate di capitelli dell’XI secolo, accoglie l’urna con il corpo di San Godenzo.
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