Toscana,parchi-Ambiente del Parco Nazionale Arcipelago Toscano
Ci volle sfortunatamente molto più tempo, più obbligo, più fermezza per concretizzare un parco nazionale di quanto ne necessita per distruggere alcuni dei tratti più belli delle nostre coste!
Non meraviglia quindi, se quello che doveva sbocciare come il più grande, il più scenografico, il più marino dei nostri parchi ha dovuto attendere molti anni per essere concretizzato.
Solo nel 1989 il parco nazionale Arcipelago Toscano fu immesso nel programma triennale dell’Ambiente: un piccolo parco che lasciava fuori le due grandi isole del Giglio e dell’Elba. Ci vollero altri tre anni di compromessi scambi di missive tra la regione e il ministero dell’ambiente, convegni, riunioni per giungere alla creazione del Parco nazionale dell’Arcipelago che, senza l’ accortezza di alcuni amministratore, non sarebbe mai nato.
La natura
Come in tutti gli ecosistemi dove la secolare attività dell’uomo ha plasmato il panorama, incidendolo in un ricamo continuo di muretti a secco, orticelli, paesini, boschi, campi, radure, è difficile delimitare quali siano i confini fra operosità umana e natura. La penetrazione reciproca tra i due aspetti ha dato alle isole un segno forte e affascinante che affiora nei tanti terrazzamenti trascurati che foggiano i versanti dei bassi rilievi, nei bellissimi borghi dei centri storici dell’Elba e del Giglio difesi e protetti dalle scorrerie di saraceni e pirati, negli antichi fari, nelle fortezze, nei stupendi porti, nei fontanili e nelle rocche, negli orticelli, nelle chiesette, nelle madonnine disseminate, in tutto ciò che documenta la tormentata storia delle isole e la fatica quotidiana degli abitanti per strappare alla terra e al mare i suoi stupendi frutti.
La geologia delle isole
L’origine dell’arcipelago toscano, può essere riportata alla placca litosferica dell’antichissimo continente Pangea, la stessa che circa 60 milioni di anni fa fece nascere gli Appennini settentrionali di cui le isole dell’arcipelago possono essere valutate la propaggine più occidentale. La difficile struttura litologica è invece il prodotto dei moti di due placche, protoafricana e protoeuropea, che hanno permesso agli strati di accumularsi, di sollevare e accumularsi. A tutto ciò si sono uniti, in ere geologiche più recenti, attività magmatiche, vulcaniche e sedimentarie.
Di composizione magmatica e quindi granitica sono in gran parte il Giglio, Gorgona e Montecristo. Capraia è invece quel che resta di un’attività eruttiva cominciata circa nove milioni di anni fa: della passata vivacità vulcanica rimangono i residui dell’ultimo cammino vulcanico.
Le rocce di Pianosa, tufi gialli ricchissimi di fossili e di conchiglie, sono invece di origine sedimentaria. La struttura di Giannutri è quasi completamente formata da antiche scogliere marine modellatesi 200 milioni di anni fa ed affioranti più recentemente. Metamorfiche sono le rocce di Gorgona e di alcuni tratti d’Elba che è senz’altro, dal punto di vista geologico e litologico, la più ricca e importante dell’Arcipelago. Qui, graniti si avvicendano a rocce sedimentarie e a rocce metaforiche e poi ancora ad argille, ad arenarie e ai calcari, permettendo il creare di ambienti abbastanza differenti e affascinanti.
Paradiso di minerali, l’isola mostra ben 160 differenti specie minerarie, molte delle quali presenti in esemplari unici per bellezza e rarità.
L’Elba è nota fin dall’antichità per l’abbondanza di molti minerari come la pirite, il ferro, l’ematite e la magnetite. Noti anche i depositi, berillo e granati.
La terraferma
La macchia mediterranea è presente in gran parte del paesaggio delle isole: più vigorosa e adeguata a vivere insieme con i ripetuti incendi e con il pascolo, ha spesso avvicendato le ampie coperture boscose che un tempo contraddistinguevano la vegetazione interna. Ora, limitati lembi di bosco si scoprono nell’Isola d’Elba. Alcune zone più umile sulle pendici del monte Capanne, differenziate dalla presenza di specie caducifoglie e mesofile come l’ontano nero, stupendi castagni e l’agrifoglio, accolgono ancora la martora e il gatto selvatico. I boschi di conifere che a tratti danno all’isola un apparenza quasi d’alta montagna, sono spesso il frutto di primitivi rimboscamenti.
Le ultime reliquie delle secolari leccete del Giglio regalano ancora rifugio alla martora. A Giannutri si trova qualche tratto di macchia ad alto fusto con preistorici lentischi, boschi di pino d’Aleppo, grossi corbezzoli ed eriche che regalano riparo dall’aridità dell’estate.
A Capraia, la vera capra selvatica si è spenta da tempo; al suo posto è stato reintrodotto il muflone che coabita tranquillamente con gli isolani. Sono invece sopravissute le celebri capre di Montecristo dalle stupendi corna a scimitarra. Abbondanti sono anche i conigli selvatici.
Avvicendandosi a campi e ad antichi terrazzamenti, la macchia, folta o rada, bassa o alta, di mirti o di lentischi, di cisti o di corbezzoli, avvolge le terre dell’Arcipelago, offrendo fioriture in quasi tutti i mesi dell’anno. Ora sono i fiori rosa e bianchi delle eriche, ora quelli celesti del rosmarino, un’altra volta i fiori pallidi del corbezzolo, quelli viola e fucsia delle violacciocche o giallissimi e profumati delle ginestre. Abbondanti le fioriture dei cisti di tutti gli esemplari. Le zone più vicino al mare, dove le rocce affioranti tengono poca terra, accolgono la vegetazione della gariga con elicrisi, seneci marini, e qualche resistente rosmarino.
La flora, e in particolare alcuni endemismi, ci raccontano l’ampia storia geologica delle isole, i passati connessioni della penisola, documentati dalla presenza di piante di origine boreale come l’Anemone apennina o la scilla bifolia, presenti nell’isola d’Elba, o gli ancora più primitivi contatti con il massiccio sardo-corso, testimoniati da specie presenti in Corsica.
Molteplici gli endemismi dell’Elba, tra cui la viola dell’Elba, il fiordaliso di monte Capanne e il limonio dell’Elba. Ovunque, nel periodo del passo, si fermano molti uccelli: falchi pecchiaioli e poiane, che svolazzano in gruppi anche folti, aironi e gru, cuculi e i più piccoli passeriformi. Non meraviglia se, per esempio sull’Elba, si scrutano gran parte delle specie ornitologiche presenti in Europa o se sulla piccola Montecristo si sono osservate oltre 150 specie.
Le scogliere
Un mondo a parte, stentatamente avvicinabile dagli uomini delle falesie che caratterizzano alcuni tratti delle isole dell’Arcipelago. Bellissime quelle di Montecristo, del Giglio di Capraia, di Gorgona e dell’Elba. Niente è più soddisfacente di un bagno sotto le grandi, ripide pareti calcaree. Fra ciuffi di lavanda, solitari ginepri, elicrisi profumati, nidificano il corvo imperiale, il falco pellegrino, il passero solitario e tanti altri uccelli; qui si buttano, stremati da centinaia di chilometri di volo, i passeriformi migratori che iniziano a rifocillarsi, indifferenti di ogni pericoli. Sulle falesie dell’Arcipelago, particolarmente a Capraia e Gorgona, si produce un terzo della popolazione italiana del raro gabbiano reale per il colore rosso-corallo del becco e quello verdastro delle zampe. Molteplici e proprio grandiosi sono le colonie del gabbiano reale, alcune delle quali, come quella di Punta Calamita, all’Elba, sono tra le più abbondanti in Italia. All’apparire di una persona sul ciglio della scogliera la colonia scoppia di richiami, i pulcini si occultano dietro i ciuffi di cisto o si fermano tra le rocce, mentre il falco pellegrino sfreccia minaccioso creando ancor più disordine. Poco vistoso , ma presenti lungo i tratti di costa meno bazzicati, sono le colonie di berte minore e di berte maggiori o i nidi del marangone dal ciuffo.
Le grandi sule candide con le punte delle ali nere, che si sprofondano in mare immergendosi dall’alto per pescare, intrecciano in inverno in alto mare, di fronte alle falesie di Gorgona e di Montecristo e delle altre isole dell’Arcipelago, che forse rammentano loro quelle del nord Europa, dove nidificano in primavera.
Il mare
Difficile, per gli amanti del mare e delle immersioni, optare fra le numerosissime opportunità offerte dal parco. Tuttavia i fondali più belli sono quelli delle isole dimenticate dal turismo: Pianosa, Montecristo, Gorgona, di alcuni tratti scenografici di Giannutri, del Giglio e dell’Elba. Spiagge sabbiose si scoprono al Giglio e dell’Elba.
Le isole più piccole regalano cale, golfi, scogli silenziosi e solitari. Gran parte della bellezza delle isole dell’Arcipelago è data dal mare che ha visto pirati e saraceni, romani ed etruschi affannarsi con la bonaccia e con il maestrale per giungere sulle agognate isole.
Il mare è ricco di aguglie, di pesce azzurro, di masse di alici e tonni, ma soprattutto di fondali eccezionali, di praterie di posidonia, con salpe, polpi. L’incanto delle pareti rocciose cade sotto l’area verso le buie profondità , dove si trovano le cernie, seguito da gorgonie, alghe di tutti i colori, spirografi, finti coralli, ricci, stelle, gamberi, donzelle, molluschi colorati e granchi mimetizzati, aragoste, murene.
Grazie alla grande diversità di morfologia dei fondali, le acque dell’Arcipelago accolgono biocenosi ben conservate. Non mancano tursiopi, delfini, stenelle e anche balenottere e capodogli che nel mar Ligure sono molteplici e tutelati dal santuario del cetaceo in cui il parco fa parte.
Scomparsa invece la foca monaca, il cui ricordo rimane vivo nei tanti toponimi, e che oggi è solo oggetto di occasionali avvistamenti. Si scorgono invece le tartarughe marine anche se non collocano più le uova sulla spiaggia di Marciana.
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